la pelle permeabile e muta





















Dormo con le tapparelle alzate
o le imposte aperte
sempre:
nel buio pesto
non dormo bene:
se passo più di un decimo di secondo
nel buio pesto
io penso di essere cieco
non potendomi dimostrare che ci vedo:
e quindi è un'angoscia.

Non so separare il fuori dal dentro:
non so mai bene
se nella stanza fa caldo o è che ho la febbre,
se fa freddo o sono brividi miei:
dev'essere un difetto della pelle:
ho la pelle che è troppo permeabile:
non fa confine.



(carlo molinaro)






Pensavo di scrivere di lungo mare notturni, oggi. Di schiena appoggiata alla ringhiera e di testa all' indietro, verso lo strapiombo, che lo sguardo verso il cielo è quasi a centottantagradi e il collo è teso al massimo. Di occhi socchiusi che si aprono di stupore e delle pupille dilatate dal buio, del cielo nero che si sbatte in faccia immenso, estivo, traboccante di stelle bianche e scie di galassie.
Pensavo di dover scrivere della pelle che mi sta diventando più liscia, come un'età al contrario, di viso che esce senza trucco e si piace di più, di leggerezza nello svegliarsi la mattina, dopo così poche ore di sonno. Di libertà e desiderio. E di Natura, che da sempre e per sempre si allinea alla sintonia dei cuori che si mettono in moto.
Invece, il cielo nero puntinato, l'incessante aria calda sul seno, i capelli senza controllo, e altre decine di fotogrammi, rimangono sospesi e muti.
Trovo invece, per caso, questa poesia di un non poeta come me. Che parla di pelle permeabile, come la mia. Che parla di notte e di luce e temperature. Mi sembra rilassante, di una tensione verbale che mi quieta e mi semplifica.
La pubblico qua, a sostituire i miei ricordi.


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