Quando non sei fatto per il gregge

Non sono stata fatta per il gregge. Per parteciparvi in gruppo senza guardare ad un metro da me, il mio sguardo cerca sempre l'altrove, l'orizzonte possibile e quello impossibile. A volte abbasso gli occhi, ma si soffermano curiosi, ancora curiosi, sui dettagli che mi circondano, microcosmi di particolari che rivelano l'infinito. Poi osservo. Osservo chi mi sta vicino, come reagisce alle cose, le espressioni che muove nel viso, il significato dietro a qualche millesimale ritardo in una risposta, mi immagino il mondo nascosto nel respiro sospeso, o nella veemenza delle affermazioni, nei rossori, o ancora nei sorrisi forzati e non sentiti. Odoro, anche. Gli odori mi parlano, mi raccontano di fatiche e vizi, di età e luoghi. Ascolto. Su tante dimensioni. Sussurri vicini, gracidare lontani, rombi distanti chilometri e qualche cinguettìo inspiegabilmente vicino. Qualche sbattere di porta. Qualche tintinnìo di chiavi cercate in borsetta. Qualche imprecazione in dialetto. Poi alzo gli occhi di nuovo, sopra le teste del gregge e ogni volta dopo tanti anni, ogni volta, la grandezza del cielo mi sorprende. E la nostra piccolezza. E poi anche la piccolezza relativa di questo cielo spalmato sopra. Penso. Penso sempre. Penso troppo. Mi chiedo il perché di molte cose. Riduco la realtà ai minimi termini e la riporto ai movimenti semplici, di esseri umani, di animali, di particelle di vita.
Non sono stata fatta per il gregge. Neppure per guidarlo. Chi non mi conosce a volte mi vuole ascoltare a volte mi emula, ma come tutti gli emulatori, arrivano tardi, a treno passato. Io sono sempre un po qui e un po' altrove. I movimenti del gregge mi incuriosiscono, non mi influenzano. Io non so deve portarle quelle pecore, morbide e gioiose pecore. Non ho ricette ne' formulari, non ho nemmeno evidenti traguardi. Vado avanti per me, per chi amo. Esploro la vita, a ritmo mio, a volte frenetico ed entusiasta, a volte riflessivo e cauto. Punta di piedi o corsa. Continuo a esplorare la conoscenza di me. Esplorare, sì,  è il mio verbo. Non seguire, non credere, non ubbidire.
Ovviamente mi è difficile fidarmi, farmi condurre, non farmi domande. E questo è un peso che mi rallenta il passo.

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