I limiti

“Non ho limiti”, hai scritto qualche giorno fa.
Nemmeno io, mi verrebbe da dirti.
Mi verrebbe da dirtelo perchè è vero.
E’ così.

Rifletto.
Sul mio non avere limiti e sul tuo non avere limiti.
Probabilmente si tratta di confini diversi, di un non
avere limiti diverso.
Chissà.
Ma in ogni caso l’oggetto della riflessione è lo
stesso: il confine.
Il confine tra il dentro di me ed il fuori di me, tra
il dentro di te ed il fuori di te.
E’ lì che si colloca la questione del limite.
Si colloca nei termini di che cosa nel profondo sono
in grado di reggere e di che cosa non sono in grado di
reggere.
Di che cosa sento e di che cosa non sento.
Di che cosa mi caratterizza e di che cosa non mi
caratterizza.
Di che cosa mi fa bene e di che cosa mi fa male.
Questo è un aspetto.
L’altro aspetto è quello che riguarda l’esterno.
Il non avere limiti si traduce, di solito, in un
elevato grado di vulnerabilità.
Le cose arrivano ed entrano.
Non ci sono filtri a trattenerle.
Non ci sono barriere.
Entrano e si depositano.
Ma, depositandosi, ci costituiscono o ci nascondono?
Voglio dire, sono cristalli che espandono la nostra
luce o sono sassolini che la coprono?
Chissa...
Magari il non avere limiti può essere la
rappresentazione di un atteggiamento autodistruttivo
nei confronti del proprio se profondo. Un atto di
disistima. Un atto di non riconoscimento.
Non sono stato amato e dunque sono degno di essere
amato.
Non importa ciò che io sono, importa ciò che è il
mondo.
Dunque lascio che entri, il mondo.
Non pongo ostacoli.
Non mi oppongo.


Mah, non lo so...
E’ una riflessione buttata lì...
Chissà.

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