United we State
L'America puzza, o profuma, di America. Questa è una citazione che ho preso da un altro blog, che vi dirò. Mi ha colpito, perchè forse è quello che aspettavo come pretesto di scrivere di lei. Ho glissato per mesi, mesi e mesi, arrivando anche a pensare che non ne parlerò mai, dell’america.
Il motivo di cui non prendevo coscienza era che l’argomento america si fondeva irrimediabilmente con le mie ultime esperienze californiane. E questo lo ricacciavo indietro, come i conati che ti vengono da ubriaca.
Per anni ho creduto di odiarla, almeno un pò, l’america. Simbolicamente, più faceva disastri della sua immagine di fronte al mondo più la mia persona si evolveva verso un etica più in sintonia con gli altri esseri umani e con la natura del mondo. Come essere quindi filoamericani?
Eppure new york l’ho vista la prima volta il giorno di san valentino, e dopo due ore ero sull’empire e dopo mezzora iniziava a nevicare come mai nella mai vita ho visto. Un film. No ero io, la meg ryan della scena, e a un passo da me un aviatore pieno di promesse e utupie. Ma come si poteva non considerare lo scenario? Quello il mio battesimo d’america.
Anni dopo atterravo a san francisco, con un’emozione che mi faceva ballare il cuore fino alle tempie. L’atmosfera beat e metropolitana, l’oceano _incazzato, sempre_le canzoni per strada, gli odori di un europa imitata e tutta quella gente che per casa aveva un carrello del supermercato. Un città che invece della voliera dei pappagalli in mezzo al parco, ha un insediamento naturale di leoni marini che muggiscono al sole, su piattaforme gentilmente concesse dallo stato della calilfornia, come gli alloggi comunali, con vista Alcatraz.
Possibile non fermarsi alle semplici emozioni visive? Lì ci si dimentica della visione “nostra” americana. Lì ti dimentichi delle stronzate dei potenti, delle guerre come dimostrazione di aggressività. Lì è pieno di gente semplice, di gente incasinata che cerca di campare, che cerca, come tutti noi al mondo, di rendersi al vita migliore.
Nella vetrine di un un negozio a Haight Ashbury, quartiere hippy, ho visto un adesivo sul vetro. Don’t believe we are Bushers.
Sorridi e guardi avanti, nelle strade più piene, nei negozi più scintillanti che, cazzo, ti sembra che più scintilli e più piani hai più sei eccezionale, indimenticabile, mastodontico, big one. E poi ti trovi nel taxi, dietro al turbante di un indiano che ti chiede in un inglese peggio del tuo alle medie, di spiegargli la strada per raggiungere il posto dove vuoi andare.
Alzi le sopracciglia e guardi ancora avanti, in quella folla di gente che ti sembra ingenua, dopo un pò. E ti viene da dirgli ou, lo sai chi rappresenti? lo sai chi noi crediamo tu sia?
Siamo noi, come loro, che voliamo in low cost abbindolati da lucine e fastfood, per dire poi che buone le noster tagliatelle. E loro, dove sono loro, i nemici del nostro mondo "buono"?
Dove sono i cattivi? ci sono altri uomini che senza la carta di credito gold crepano nei corridoi degli ospedali e non si sa di chi è la colpa.
Io non so se odio l'america. Anzi, lo so. No.
Non so neanche se odio gli americani. Anzi lo so, no.
E’ che mi fanno un pò pena. E un pò invidia, nella semplicità della loro totale fiducia o completa sfiducia nel loro grande paese. Non come noi, sempre in dubbio. Sempre un pò si e un pò no. Come quando un uomo dolce e gentile ti corteggia senza tregua e ti dici, si dovrei lasciarmi condurre, e no, non dovrei, devo aspettare di sentire “la botta” dentro.
Loro non sono così, si sposano a 17 anni e vanno via, fanno cose, intraprendono, smontano, salgono e scendono, si sparano per la strada e spalano la neve dai parcheggi delle auto usate e se invece sono ricchi, passano settimane ad addobbare di luci di tutti i tipi meno ecologiche del pianeta il loro giardini perfettamente rasati, e finte renne e finte slitte e finte capanne si affollano tra gli alberi. E poi fanno un party e sorridono, e si abbracciano, braaaad, jeny, greeeeg, liusy.
Quando torni in Italia è inevitabile che ti porti dietro gli spazi e tutto ti sembra un micocosmo e noi formichine. E’ inevitabile che gli alberi coì grandi qui sembranon non poterci proprio entrare.
E allora ti accorgi dei controsensi, di chi odia l'america e poi passa il sabato pomeriggio con i figli da mcdonald mangiando merda, di chi vota rifondazioone poi si rincoglionisce di mtv e la musica di negroni rapponi catenoni, di chi si definisce progressista ecologica bioetico e poi va a manetta da un semaforo all'altro con la super moto, di chi parla male delle multinazionali che sfruttano il mondo e poi non resiste un giorno senza cocacola, ma non la bibita alla cola o simili, proprio Coca-Cola d.o.c che le altre fanno schifo e che bella la pubblicità, ma quella bella però, e le solite palle dei controsensi che viviamo e bla bla bla.
E così, di ritorno, non si può fare a meno che alimentare il mito, raccontando agli amici e parenti che si, è proprio come in tivvù. Surfisti, pattinatrici, prati in città dove fanno volare gli acquiloni, mega milk shake serviti come contorno alle patate fritte, le automobili giganti con lo stereo a palla che sono solo di neri che muovono a ritmo il mento e sono pieni di anelli alle mani, le partite di baseball e le cheers leaders, l'amore e rispetto per ogni forma di bandiera a stelle e strisce e le caramelle a tutte le sfumature di cannella.
Tutto vero, tutto finto, tutto ancora vero. Come un ologramma che ama se stesso.
Il motivo di cui non prendevo coscienza era che l’argomento america si fondeva irrimediabilmente con le mie ultime esperienze californiane. E questo lo ricacciavo indietro, come i conati che ti vengono da ubriaca.
Per anni ho creduto di odiarla, almeno un pò, l’america. Simbolicamente, più faceva disastri della sua immagine di fronte al mondo più la mia persona si evolveva verso un etica più in sintonia con gli altri esseri umani e con la natura del mondo. Come essere quindi filoamericani?
Eppure new york l’ho vista la prima volta il giorno di san valentino, e dopo due ore ero sull’empire e dopo mezzora iniziava a nevicare come mai nella mai vita ho visto. Un film. No ero io, la meg ryan della scena, e a un passo da me un aviatore pieno di promesse e utupie. Ma come si poteva non considerare lo scenario? Quello il mio battesimo d’america.
Anni dopo atterravo a san francisco, con un’emozione che mi faceva ballare il cuore fino alle tempie. L’atmosfera beat e metropolitana, l’oceano _incazzato, sempre_le canzoni per strada, gli odori di un europa imitata e tutta quella gente che per casa aveva un carrello del supermercato. Un città che invece della voliera dei pappagalli in mezzo al parco, ha un insediamento naturale di leoni marini che muggiscono al sole, su piattaforme gentilmente concesse dallo stato della calilfornia, come gli alloggi comunali, con vista Alcatraz.
Possibile non fermarsi alle semplici emozioni visive? Lì ci si dimentica della visione “nostra” americana. Lì ti dimentichi delle stronzate dei potenti, delle guerre come dimostrazione di aggressività. Lì è pieno di gente semplice, di gente incasinata che cerca di campare, che cerca, come tutti noi al mondo, di rendersi al vita migliore.
Nella vetrine di un un negozio a Haight Ashbury, quartiere hippy, ho visto un adesivo sul vetro. Don’t believe we are Bushers.
Sorridi e guardi avanti, nelle strade più piene, nei negozi più scintillanti che, cazzo, ti sembra che più scintilli e più piani hai più sei eccezionale, indimenticabile, mastodontico, big one. E poi ti trovi nel taxi, dietro al turbante di un indiano che ti chiede in un inglese peggio del tuo alle medie, di spiegargli la strada per raggiungere il posto dove vuoi andare.
Alzi le sopracciglia e guardi ancora avanti, in quella folla di gente che ti sembra ingenua, dopo un pò. E ti viene da dirgli ou, lo sai chi rappresenti? lo sai chi noi crediamo tu sia?
Siamo noi, come loro, che voliamo in low cost abbindolati da lucine e fastfood, per dire poi che buone le noster tagliatelle. E loro, dove sono loro, i nemici del nostro mondo "buono"?
Dove sono i cattivi? ci sono altri uomini che senza la carta di credito gold crepano nei corridoi degli ospedali e non si sa di chi è la colpa.
Io non so se odio l'america. Anzi, lo so. No.
Non so neanche se odio gli americani. Anzi lo so, no.
E’ che mi fanno un pò pena. E un pò invidia, nella semplicità della loro totale fiducia o completa sfiducia nel loro grande paese. Non come noi, sempre in dubbio. Sempre un pò si e un pò no. Come quando un uomo dolce e gentile ti corteggia senza tregua e ti dici, si dovrei lasciarmi condurre, e no, non dovrei, devo aspettare di sentire “la botta” dentro.
Loro non sono così, si sposano a 17 anni e vanno via, fanno cose, intraprendono, smontano, salgono e scendono, si sparano per la strada e spalano la neve dai parcheggi delle auto usate e se invece sono ricchi, passano settimane ad addobbare di luci di tutti i tipi meno ecologiche del pianeta il loro giardini perfettamente rasati, e finte renne e finte slitte e finte capanne si affollano tra gli alberi. E poi fanno un party e sorridono, e si abbracciano, braaaad, jeny, greeeeg, liusy.
Quando torni in Italia è inevitabile che ti porti dietro gli spazi e tutto ti sembra un micocosmo e noi formichine. E’ inevitabile che gli alberi coì grandi qui sembranon non poterci proprio entrare.
E allora ti accorgi dei controsensi, di chi odia l'america e poi passa il sabato pomeriggio con i figli da mcdonald mangiando merda, di chi vota rifondazioone poi si rincoglionisce di mtv e la musica di negroni rapponi catenoni, di chi si definisce progressista ecologica bioetico e poi va a manetta da un semaforo all'altro con la super moto, di chi parla male delle multinazionali che sfruttano il mondo e poi non resiste un giorno senza cocacola, ma non la bibita alla cola o simili, proprio Coca-Cola d.o.c che le altre fanno schifo e che bella la pubblicità, ma quella bella però, e le solite palle dei controsensi che viviamo e bla bla bla.
E così, di ritorno, non si può fare a meno che alimentare il mito, raccontando agli amici e parenti che si, è proprio come in tivvù. Surfisti, pattinatrici, prati in città dove fanno volare gli acquiloni, mega milk shake serviti come contorno alle patate fritte, le automobili giganti con lo stereo a palla che sono solo di neri che muovono a ritmo il mento e sono pieni di anelli alle mani, le partite di baseball e le cheers leaders, l'amore e rispetto per ogni forma di bandiera a stelle e strisce e le caramelle a tutte le sfumature di cannella.
Tutto vero, tutto finto, tutto ancora vero. Come un ologramma che ama se stesso.
Avevo scritto un lunghissimo commento ma non avevo un google account e ora non c'è più. I was writing in English and said I really liked your blog. I said I was happy you decided to let me know about it. I wrote that I have a view which is very close to yrs on the US of A. I informed you that I intend moving to that land of action, rights and wrongs, yin and yan, naive flowing and growing and living and dying in a couple of years. For a couple of years. NY possibly. But had to see San Fran before. people who know me and love me tell me I should. I shall.
RispondiEliminaI wrote also that I would never have a blog myself as I'm too busy trying to live out my dreams and my life, let alone write about them! but I appreciate immensely people like you. Who do have the urge to write. Who share and let people like me find a soul they like to read.
Keep it up.
I like who you are.
mart
wow... ma chi sei mart?
RispondiEliminamart...ina?
RispondiEliminayess, mart...ina h.
RispondiEliminati bacio ale, ora devo scappare. alla prossima :)