la prima volta


La prima volta che mi sono innamorata ero in terza elementare. Lui era in seconda. Chissà perchè mi sono spesso piaciuti più giovani di me.
Lui aveva i capelli biondi e le sopracciglia che lateralmente andavano un pò in giù, rendendogli gli occhi malinconici. La sua classe era accanto alla mia e quando arrivava l'ora della ricreazione, in cui tutti noi ci riversavamo nel grande corridoio, tra panini al formaggino e risatine, mi sudavano le mani e mi batteva forte il cuore. Cercavo il suo sguardo un pò triste e appena lo incontravo, abbassavo subito gli occhi. Mi ricordo che non capivo quel rimbombo nel petto, non riuscivo ad associarlo al pensiero di lui, non sapevo che l'amore era forte emozione e mancanza di respiro. La mia amichetta era rimasta quasi incredula, che mi fossi innamorata di un bambino di seconda, come se fosse impossibile non guardare quelli di quinta.

Marco.

Allora, senza troppi dubbi, ne' più consultarmi con le amichette, di testa mia e quasi di nascosto, un pomeriggio avevo ritagliato un grande cuore da un foglio di mezzo del quaderno a quadretti. Un cuore alto come la pagina e con la piegatura centrale del quaderno che faceva in modo che si chiudesse a metà,
Un cuore di ali a quadretti.
Era l'unica cosa che mi veniva da fare, semplice e forte.
"Vorrei tanto essere la tua ragazza", avevo scritto con la penna rossa. Ma sotto, in piccolo, avevo aggiunto: "Sono in terza, sono l'unica con i capelli ricci".

Complice un suo amico più brutto e più sveglio, come spesso accade, ero riuscita a infilare nella tasca della giacchetta di panno di Marco, il mio cuore.

Ricordo che lo sforzo emotivo di quel gesto era stato così forte, che senza accorgermene non consideravo necessaria una risposta. La dichiarazione era già stata un traguardo, per me. Ero provata e sorridente, come dopo l'amore.

Invece, 3 giorni dopo, nella solita ricreazione chiassosa, avevo visto Marco che avanzava spedito verso la mia classe. Camminava veloce, dal fondo del corridoio, con un sorriso timidissimo e i suoi occhi all'ingiù che adoravo.
Era arrivato da me già tendendo il braccio in avanti, come si fosse preparato la scena, e porgendomi una lettera.

"Mi piacerebbe molto che tu fossi la mia ragazza, ma sono troppo piccolo e i miei amici mi prenderebbero in giro. Marco". E lì vicino c'era disegnato, un cuoricino a penna blu.

Il mio cuore batteva così forte. Era gioia, agitazione, il piccolo primo amore.
Ricordo che la risposta negativa non mi era sembrata tale, anzi. Ero contentissima che mi avesse risposto. Mi immaginavo che fosse stato il pomeriggio prima a scegliere una busta, a scrivere in cameretta una cosa giusta, carina e dolce, magari aiutato dalla mamma. Mi immaginavo il coraggio di attraversare il corridoio, coraggio tutto dedicato a me.
Non sapevo neanche cosa poteva accadere se Marco avesse detto si. Non ne avevo idea. Era lo slancio d'amore ideale ritagliato nel cuore di carta, che racchiudeva tutto, allora.

Così, non l'ho vissuto come un rifiuto. Ma come un amore. Come il riconoscere un amore. Come il coraggio di affrontarlo.
Quegli occhi all'ingiù, dopo tanti anni, sono cambiati, ma sono sempre loro. Li ho trovati quasi per caso su Facebook, addosso a un uomo biondo che nulla ha più di quel bimbo pallido. Quell'uomo è tra i centinaia di contatti che ho, confuso tra tutti senza saperlo. E ad ogni aggiornamento di status, ogni volta che li rivedo, non posso fare a meno di sorridere, pensando al mio primo cuore con le ali di carta.

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