Marco Paolini - Bisogna ( Pellagra via sms)











Sono a Montebelluna
, cuore della Padania "verde" (non per l'erba dei campi), al palazzetto dello sport il nuovo spettacolo di Marco Paolini. L'ho seguito più volte dal vivo, Il Bestiario veneto che ha portato al Politeama Rossetti di Trieste, e anche il Vajont, ricordo mi colpì molto.
Oggi assisto al recital BISOGNA (la pellagra via sms). Recital che, leggo nei manifesti, è parte degli eventi in programma per il Festival delle Città Impresa: www.festivaldellecittaimpresa.it

Prima dello spettacolo, mi dicono, Marco Paolini mangia un toast al bar del palazzetto con chi attende di ascoltarlo, con una normalità spiazzante. Io nel frattempo non sono ancora arrivata, perchè mi sono letteralmente persa tra Signoressa, Preganziol, mega stabilimenti Geox e Nordica, distese infinite di campicelli sempre più piccoli e capannoni sempre più grandi. Alla fine cerco qualcuno che cammini, un passante qualsiasi al quale chiedere informazioni. Nessuno. Nessuno per un quarto d'ora alle sette di sera.
Ma i veneti in bicicletta, dove sono finiti?

La risposta me la dà Marco Paolini, che in tutto il suo recital parla esattamente di questo nuovo panorama veneto. Primo veneto, secondo veneto, e anche il nuovo, "terso" veneto (la "s", dice, rende molto meglio che la "z" di terzo, che richiama Terzo Reich!) . Si, e del fiorire continuo non di girasoli, ma di rotonde (stradali), che sostituiscono qualsiasi incrocio sul territorio padano... Ed è vero!! -mi dico mentre ascolto questo grande attore - non ne ho mai viste tante di rotonde come in questo tragitto Trieste-Montebelluna (o meglio, da Venezia in su, lì sì, che si comincia a girare, perchè noi di Trieste, con l'anima austroungarica concepiamo solo strade perpendicolari).

Il suo spettacolo continua in solitaria, luce su di lui, una sedia, un leggìo, nulla più per chi come lui ha una voce che incanta e una cadenza che culla. 30 milioni di biciclette, ci dice, sono nelle cantine degli italiani. "Una massa critica!" e poi senza pudore, nomi e cognomi, di sindaci, paesetti, assessori, mescolati ad un racconto del "suo" veneto che è una fotografia davvero nitida di quello che percepisco io, non indigena, nel guardare e raggiungere questa ricca terra.

Due ore di spettacolo, un monologo incredibilmente denso e che ti fa stare concentrato, ma non manca di farti ridere e annuire, su certi assurdi perchè di noi uomini del terzo (o meglio "terso" millennio).

Quando le luci si spengono, un inchino, ancora una battuta, un sorriso, e via, lentamente in camerino.

Amici comuni mi permettono di trotterellare fin lì, dietro le spalle degli uomini della sicurezza. Non trovo "star", in quella stanza. Un uomo con gli occhi stanchi, di quella stanchezza azzurra soddisfatta e sorniona di chi il suo mestiere lo maneggia con padronanza, una mano in tasca, la spalla allo stupite della porta, per le strette di mano e i complimenti che arrivano. Questa è Alessandra, quella che era accucciata sotto al palco a fare qualche foto. Stretta di mano solida, "Piacere, Marco". Mi viene da dire, solo "Piacere, Alessandra...E grazie".

ph.Alessandra Spigai tutti i diritti riservati

Commenti